Mobilitazione parlamentare per recuperare festività soppresse

festività-marcopolonewsIn nome della tradizione, ma anche per motivi economici e per creare occasioni di turismo si riparla di ripristinare le festività soppresse. Si tratta di cinque giorni di festa in più all’anno. E, per chi dovesse lavorare in quei giorni, cinque giorni di stipendio ‘maggiorato’ in più. Cinque giorni che, prima del 1977, erano a tutti gli effetti festività nazionali e che ora, invece, sono riconosciuti tali solo ai fini religiosi. Un asse bipartisan a Montecitorio chiede infatti il ripristino di alcune festività religiose, anche nel caso in cui non cadano di domenica. Tra queste, la Festa del Papà, ovvero il giorno di San Giuseppe, l’Ascensione, il giorno di San Pietro e Paolo, festa sì ma solo per la città di Roma, di cui i due santi sono i patroni. Non solo.

La richiesta è che “agli effetti retributivi, si applichino le norme vigenti per le festività nazionali“. Del resto, “le festività soppresse sono state aggiunte al periodo delle ferie ordinarie oppure retribuite, per cui il loro ripristino ha un costo attenuato”. E, poi, “non è da sottovalutare l’incremento di consumi che ogni festività porta con sé e, quindi, una positiva ricaduta sullo stato della nostra economia. Basta pensare, a titolo esemplificativo, a piccole gite, turismo, benessere, eccetera”.

A capitanare un drappello di 43 deputati è il ‘francescano’ Mario Sberna, noto alle cronache per la caratteristica di indossare un paio di sandali di cuoio tutto l’anno, in qualsiasi stagione e a prescindere dalle condizioni climatiche, tanto da conquistarsi appunto l’appellativo di ‘francescano’. Sberna, eletto nel 2013 sotto il simbolo di Scelta Civica, poco dopo passato nel gruppo Democrazia solidale-Centro democratico, è il primo firmatario della proposta di legge sui giorni festivi. Il deputato bresciano, ad inizio legislatura, è stato accomunato ai grillini per il fatto di devolvere in beneficenza la maggior parte dello stipendio da parlamentare e tenere per sé solo 2.500 euro al mese. Laureato in scienze religiose, sposato con numerosi figli, di cui alcuni in affido, Sberna vanta nel curriculum 4 anni di missione in Brasile, la presidenza dell’Associazione nazionale famiglie numerose, e di recente la battaglia contro la legge sulle unioni civili.

La proposta di legge è stata presentata un anno fa, il 22 aprile del 2015, ed è ora in discussione in commissione Affari costituzionali della Camera. In realtà, una analoga proposta era già stata presentata, un anno prima (il 27 marzo del 2014), dal deputato delle minoranze linguistiche Albrecht Plangger, che però chiede il ripristino di soli 4 giorni festivi.

Sberna ne aggiunge uno e ha raccolto l’adesione di 42 deputati, tra cui diversi esponenti del Pd, molti suoi colleghi di gruppo, alcuni parlamentari della Lega Nord, un nutrito gruppetto di deputati di Area Popolare, tra cui figura anche il capogruppo Lupi. E poi tosiani, minoranze linguistiche, lo scrittore Edoardo Nesi e il presidente della commissione Affari sociali Marazziti.

Il testo della proposta di legge all’esame della prima Commissione si compone di un solo articolo. E recita: “Sono considerati festivi i seguenti giorni: a) il 19 marzo, giorno della festa di S. Giuseppe; b) il giorno dell’Ascensione; c) il giorno del Corpus Domini; d) il giorno della festa dei santi apostoli Pietro e Paolo; e) il giorno di lunedì seguente la Pentecoste”. A tal fine, la proposta di legge chiede l’abrogazione del primo comma dell’articolo 1 della legge 5 marzo 1977, n. 54. E conclude: “Agli effetti retributivi si applicano le norme vigenti per le festività nazionali”.

I cinque giorni festivi che la proposta del deputato Sberna mira a ripristinare erano stati aboliti come festività civile nel 1977. Ora i 43 deputati che hanno posto la loro firma in calce al testo chiedono che i cinque giorni festivi tornino ad essere anche festa nazionale, con conseguente trattamento economico per chi lavora.

Nella relazione che accompagna la proposta di legge, si spiega che “il nostro Paese è stato storicamente segnato dalla presenza del cristianesimo e dall’influsso delle feste da esso proposte”. La relazione al testo della proposta di legge ricorda inoltre che “nel 1977 vennero espressamente soppresse, agli effetti civili” alcune festività. Ciò avvenne in considerazione della loro “negativa incidenza sulla produttività sia delle aziende che dei pubblici uffici”.

Un dato che per i proponenti della legge ora non si può più considerare valido: “I motivi che determinarono il Governo alla soppressione di alcune festività devono ritenersi superati dall’attuale realtà economico-produttiva. Ciò in quanto, in una logica di concorrenzialità di mercato, più che la produzione secondo i principi dell’economia di scala, assumono sempre più importanza altri parametri, quali la pressione fiscale e gli oneri impropri che gravano sulle imprese, la politica creditizia a favore delle imprese stesse, l’impiego di nuove tecnologie che consentano una buona conoscenza delle previsioni della domanda di mercato e l’abbattimento dei costi di produzione”.

Dunque, ripristinare queste festività non solo “non determina scompensi significativi alla produttività delle aziende”, ma per di più “trasferisce una quota maggiore di reddito prodotto ad altri comparti di mercato ad alto valore aggiunto, quali il turismo e il tempo libero, con buoni ritorni economici per l’economia nel suo complesso, e risulta più coerente con quel che avviene negli altri Paesi europei”, dove queste feste sono tutt’ora riconosciute, come in Belgio, in Danimarca, in Finlandia, in Francia, in Germania, in Lussemburgo, in Polonia, in Olanda, in Norvegia, in Svezia e in Svizzera.

Una postilla: ai firmatari della proposta di legge è sfuggito un buon esempio. Negli USA le festività infrasettimanali sono spostate e celebrate al lunedì, creando così un salutare “ponte”, molto apprezzato e contenuto, senza invogliare le persone a crearsene di propri, sicuramente più lunghi, aggiungendo altri giorni tra il dì di festa e il fine settimana. Non ultimo: un giorno di festa non è solo ristoratore del corpo e dello spirito, ma concorrere ad incrementare il benessere e la felicità, valori sinora scarsamente o per nulla considerati dal legislatore.

di Dario de Marchi

10 Maggio 2016