Bio riserva di Sian Ka’An, Riviera Maya

laguna_sian_kaan9 agosto 2014

 

Anche oggi sveglia all’alba, sempre più presto. Ancora natura, anzi tutta natura, la mia metà è la bio riserva di Sian Ka’an, in lingua Maya “dove nasce il cielo”, già il nome è tutto un programma. La riserva di Sian Ka’an è a sud di Tulum, sempre in Riviera Maya, supera il mezzo milione di ettari e comprende spiagge, barriere coralline, una foresta tropicale, dune e cenotes. Vi abitano più di 300 specie di uccelli e un numero infinito di piante e animali.

È stata riconosciuta dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità nel 1987. Vi sono più di 20 insediamenti Maya, i più antichi dei quali risalgono al V secolo d.C.. Alberto, la mia guida di siaankatours, orgoglioso Maya, mi racconta che solo da pochi anni ha imparato lo spagnolo, e quasi parla meglio inglese perché la pronuncia è più simile a quella Maya, dice. È innamorato della sua terra, delle sue origini, parla a ruota libera. Mi racconta la sua infanzia in questa giungla, è appassionato ornitologo, conosce i nomi di tutti gli uccelli del Messico, tutte le piante ed i rimedi Maya per curarsi. Mi spiega anche il metodo di computo del calendario Maya, e di come sia stata mal interpretata dai profani la profezia 2012.

Non la fine del mondo, ma un ciclo che si compie, si conclude, ed una nuova era che inizia, quasi una rinascita. Il suo bisnonno pare fosse uno sciamano ed ancora qui in Riviera Maya gli sciamani dettano le regole della comunità. Mi racconta dello sciamano che vive nel suo villaggio, ne sono affascinata. Promette che la prossima volta me lo farà incontrare, chissà! Mi spiega che vi sono persone che possono trasformarsi in animali e poi ritornare persone a loro piacimento, si tratta di persone elette, che hanno studiato Maya, che hanno raggiunto un livello superiore. Parla di energie, e qui tutto è energia pura, allo stato brado. Alberto mi racconta del suo primo lavoro, a 11 anni, la raccolta e la preparazione della gomma da masticare, che pare nasca proprio qui, da un’antica tradizione Maya. Masticare la gomma serviva a tenere i denti in salute, a rafforzare la mandibola e dunque la colonna vertebrale, per affrontare i lavori più duri, ed anche a smorzare la fame qualche volta.

Ci avventuriamo insieme a Valentin, dotato di corde e machete, in questa fittissima giungla. Mi spiega che chi non vi è nato rischia inesorabilmente di perdersi. Mi indica le piante che incontriamo, mi sembra di essere ad una festa dove il padrone di casa ti presenta i suoi migliori amici. Le conosce una ad una, ha una storia da raccontare per ognuna di queste. Gli chiedo se mi può curare un dolorino allo stomaco, lui mi dice che può solo autocurarsi, non ha avuto il dono, la licenza, di curare gli altri. Ne parla con grande rispetto, una gerarchia Maya d’onore e di principi.

Raggiungiamo finalmente un sapote, l’albero da cui si estrae la gomma. Valentin si appresta con il machete a fare dei tagli precisi, in diagonale, albero-della-gommaed inizia un rivolo di resina bianca a scorrere lungo il tronco. Anch’io mi cimento con il machete, e con soddisfazione di tutti compio un ottimo lavoro. Chissà magari anch’io ho qualche antenato sciamano! Mi piace pensarlo.

Valentin continua i suoi tagli sul tronco dell’albero, poi si allaccia ad una corda e così completa tutto il tronco. Alla base viene messa una sorta di borsa che raccoglie tutti i rivoli di gomma, e sarà raccolta l’indomani.

Mi dicono che il sapote cicatrizza subito, pare non subisca danni, e mi fa vedere un altro albero completamente recuperato. pentola-gomma Rientriamo alla base, Valentin prepara un fuoco e mette in un pentolone a cuocere questa resina.

Al suo bollire è quasi gomma da masticare, si raffredda, a volte si aggiunge cannella per il sapore, e via. Oggi questa gomma viene raccolta e consegnata in una fabbrica locale che si occupa industrialmente della trasformazione.

Fa caldo, caldissimo, umido, e Alberto ci propone un bagno. La cosa più bella della Riviera Maya è che ogni occasione è buona per un bagno. Il mare, la laguna, i cenote aperti, chiusi, semichiusi. Che meraviglia. Lasciamo la giungla e raggiungiamo la laguna.

La lancia si dirige lenta tra lagune, canali, mangrovie. L’acqua è bassa, cristallina, di un colore verde azzurro chiarissimo. Si scorgono pesci piccoli e grandi in quantità, granchi, mi si dice coccodrilli, ma non ho la fortuna di incontrarne uno. Vi è un’infinità di uccelli ed Alberto non perde l’occasione di presentarmeli uno ad uno, come fece con le piante nella giungla. Arriviamo ad una rovina Maya, l’antico ufficio doganale di questo grande popolo di marinai e commercianti. Non sembrano trascorsi poi tanti secoli da allora.

Lasciamo l’imbarcazione per il meritato bagno. Indossiamo un salvagente, obbligatorio. Io provo a non indossarlo, gli dico che sono un’ottima nuotatrice, quasi un pesce. Il capitano, in uno spagnolo basico mi dice che è lui il responsabile della barca, e non vuole sia la Concordia. Certo che anche nella più sperduta riserva della Riviera Maya ci siamo fatti conoscere… salvagente

Mi arrendo, indosso il salvagente, e qui la sorpresa! Ci immergiamo in uno stretto canale di circa un metro, massimo due di larghezza, puntellato di mangrovie, ed una piacevole corrente ci trasporta verso il mare, senza alcun movimento, senza alcuno sforzo. Ancora una volta la natura la fa da padrona ed amo affidarmi completamente a lei. Sempre più mi sento Maya dentro.

(di Patrizia Marin)