Cibo: un quinto di quello che mangiamo è prodotto in città

urban-oto2-marcopolonewsSempre più “urbano” il cibo. Non solo campagna, latifondi, frutteti e piantagioni. Inaspettatamente, per moltissimi cittadini del mondo il fondo agricolo non si trova tra boschi e prati, ma in città. La FAO ha infatti calcolato che siano ben 800 milioni gli agricoltori urbani, a cui si deve il 20% della produzione agricola globale. Tecnicamente l’agricoltura urbana si definisce Upa (urban and peri-urban agricolture) e comprende tutte le coltivazioni e gli allevamenti che si trovano all’interno o immediatamente intorno alle città. Questo tipo di attività, sempre secondo la FAO, riguarda tipicamente la produzione di cereali, verdure, frutta e funghi (oltre a erbe aromatiche e medicinali e piante ornamentali) e l’allevamento dei più comuni animali commestibili (polli, conigli, capre, pecore, bovini, suini), oltre a dedicare spazio alla pesca. Uno spazio più residuale è occupato da attività come l’acquacoltura e la legnagione.

“L’agricoltura urbana contribuisce alla sicurezza alimentare di milioni di persone”, ha sottolineato la FAO, “specialmente in tempi di crisi”. Ciò che viene coltivato in città, infatti, di solito è poi consumato direttamente dagli agricoltori, mentre le eccedenze finiscono sui mercati locali a km zero, sempre più apprezzati da larghe fasce di popolazione.

Di solito i prodotti vengono commercializzati a basso costo, dal momento che non hanno bisogno di trasporti e refrigerazioni particolari, e risultano in media più freschi e nutrienti di altri. Inoltre, sottolinea la FAO, la resa dei giardini e degli orti urbani è molto superiore a quella dei campi aperti: un solo metro quadro riesce a fornire 20 kg di cibo l’anno, risultando 15 volte più produttivo di una coltivazione rurale.

Buone notizie anche dal punto di vista economico e occupazionale: l’orticoltura urbana impiega infatti soprattutto donne e soggetti che faticano ad accedere al mercato del lavoro, e si calcola che 100 metri quadrati di superficie urbana coltivata possano generare un posto di lavoro. C’è un unico neo: l’inquinamento e la conseguente potenziale contaminazione del terreno, soprattutto nelle grandi megalopoli del sud del mondo. Un aspetto, secondo la FAO, a cui porre molta attenzione.

 

di Patrizia Tonin

13 Maggio 2015