Toccare con stile Breve storia degli utensili da tavola

4 agosto 2014

Mangiare è un gesto il cui termine deriva dal latino manducare e che sottintende l’atto di portare il cibo alla bocca mediante le mani.

Nel modello di cucina antica, mangiare era visto come un gesto prevalentemente tattile e la sensibilità delle mani era parte del rapporto individuale col cibo. Tutti amavano degustare in condivisione, usando le mani e sporzionando gli alimenti senza adoperare alcun utensile. Seppur si fece da sempre necessario ricorrere ad ancestrali tipologie di vasellame per contenere gli alimenti, che, nelle varie epoche, arriveranno ad essere definiti piatti e bicchieri, il bisogno di ricorrere alle posate fu considerato improprio fino all’epoca moderna. Il cucchiaio è considerato il più storico della posateria, traendo il suo nome dal latino, cochlea che si riferisce alla foggia a conchiglia. Conosciuto ampiamente da egizi, romani, etruschi, questo era adoperato inizialmente come strumento per cibarsi di molluschi, uova o lumache.

forchetteparlantiNel medioevo il cucchiaio diventa elemento formale della tavola, servito prevalentemente per portare alla bocca brodaglie, diventerà in breve tempo un oggetto di lusso, tornito di materiali preziosi. Dal Rinascimento il cucchiaio assumerà la sua conformazione moderna, adattandosi definitivamente ai costumi del tempo.  Il barocco sarà l’epoca della grande raffinazione della posata, suddivisa in differenti tipologie di utilizzo: cucchiai per ogni sorta di alimento.

La storia della forchetta appare più recente. Se ne ritrovano alcune fogge ancestrali nell’epoca romana, l’Italia pare sia stato il primo Paese ad adattarla nelle sua tavole, consentendo da allora di poter mangiare pasta, infilzare cibi bollenti e scivolosi. Alcune fonti letterarie attestano la comparsa della forchetta dopo il 1000, descritta come un attrezzo a due rebbi che si introdusse dapprima nelle città marinare, specie nell’ambiente mercantile e tra i borghesi. Nelle corti, invece, l’etichetta respingerà per anni il suo utilizzo.

Accusata di essere una diavoleria dal clero, e respinta per anni dai costumi dell’epoca che ritenevano prestigioso servirsi delle mani per mangiare il cibo, la forchetta dovrà attendere qualche secolo ancora prima non essere guardata con diffidenza. La pasta faciliterà la sua diffusione intorno al trecento, ma è dopo il cinquecento che essa diventa uno strumento diffuso in Italia. Nel corso dell’epoca barocca la forchetta fu importata in altri stati dove si introdusse meno rapidamente, ma poco meno di due secoli più tardi comparirà la prima posata moderna a quattro rebbi, inventata dal ciambellano di re Ferdinando IV di Borbone, per facilitare l’avvolgimento degli spaghetti.

 

Il coltello è probabilmente uno dei primi oggetti ideati nel paleolitico e nella storia dell’umanità. Per secoli avrà il ruolo principale di strumento da difesa, legatosi alla rivoluzione metallurgica, mutuandosi col tempo in una serie di forme e funzioni diverse. Progressivamente, in età medievale, divenne un oggetto personale, tornito e inciso, per portare i cibi alla bocca.  Venne introdotto come posata da tavola dagli inizi del XVII secolo.

 

Differentemente dalle società del passato, il nostro modo di entrare a contatto col cibo, viene di rado veicolato dalle mani nude. Il contatto manuale e sensibile che in passato si riteneva necessario e altolocato, col progredire dei tempi, è stato sostituito dall’utilizzo di un arnese per introdurre alimenti alla bocca. Le posate entrano a far parte delle tavole moderne, facendosi prensili: incidono, avvolto, accompagnano e, soprattutto, veicolano il cibo. La grande varietà di preparazioni, degli usi gastronomici contemporanei, il progresso e i cambiamenti storici hanno non poco influito sulla trasformazione degli oggetti da tavola, mutuando l’approccio individuale col cibo. La nostra percezione sensibile degli alimenti viene così mutuata da utensili che fungano da mediatori tra noi ed essi.

Nell’epoca moderna, soprattutto con il progredire delle industrie, il mondo del design ha mutato gli elementi della tavola, rendendoli maneggevoli, funzionali, più sensibili al tatto. Gli oggetti diventano parte dell’esperienza gastronomica, fondendosi o privilegiando la sensibilità di ciò che si sta per mangiare. Questi interagiscono tattilmente con il modo di gustare, prestandosi a diversi utilizzi. L’epoca del design e dei prodotti in serie si è prevalentemente concentrata sulla precisione dei dettagli, ha per così dire rifinito e ridimensionato gli oggetti al fine di esaltarne l’utilizzo. Se il design nasceva inizialmente come una tecnica atta alla progettazione degli oggetti in serie, col tempo esso ha rivoluzionato completamente il modo di relazionarsi con le cose, essendo coadiuvato da un carattere sociologico e culturale, pronto a piegare la materia in base ai bisogni. I modi di mangiare sono cambiati, con essi anche il modo di farlo a livello tattile. Il gesto sensibile, date le necessità attuali, è stato così studiato da una serie di elementi che richiedevano il minor sforzo possibile attraverso la maneggevolezza maggiore: semplificare al massimo con pochissimi elementi, ridurre i concetti, assottigliarli per comunicare, funzionalizzando. Ne è un esempio ideale l’opera  di Bruno Munari le Forchette Parlanti, uno studio della posata che, posta come una mano, ne reinterpreta i rebbi come fossero dita, simulando una serie di combinazioni gestuali delle mani. Forchette che si raccontano, comunicando attraverso gesti semplici, non espressi oralmente ma comprensibili, parafrasi della ricerca del linguaggio infinito degli oggetti.  Una sfida contemporanea, mirata a reinterpretare e ripensare gli oggetti da tavola per comunicare con chi li adopera.

Uno degli esempi più riusciti di questo approccio è la Putrella di Enzo Mari, disegnata nel 58’ per Danese. Si presenta come una trave a doppia T ripiegata agli estremi, una forma razionale e industriale che si interfaccia come un vassoio polifunzionale atto a contenere oggetti e portate monopasto. Un’idea semplice e brillante che fonde la sua utilità a una ricerca estetica lungimirante.  Nel 2001, Matteo Ragni e Giulio Iacchetti vincevano il compasso d’oro per la riprogettazione di un pasto veloce attraverso l’elemento più economico che si sia mai aggiudicato questo grande titolo. Si tratta di Moscardino, progettato nel 2001 per Pandora Design, un’azienda che realizza prodotti usa e getta sostenibili. Viene realizzato in plastica o in Mater-bì, un materiale completamente biodegradabile. L’oggetto racchiude in sé il cucchiaio e la forchetta, una monoposata che funzionalizza e resa pratica all’estremo.

Molti i designer che hanno preso spunto da questo ambiziosa fusione, che è conseguita in uno studio da parte di altri, come il giapponese Masami Takahashi, che ha progettato la Ramen Spoon/Fork, una posata d’acciaio che somma assieme gli elementi senza sintetizzarne l’elemento prensile. Funzionalizzare annullando il superfluo, rendendo il contatto manuale con gli oggetti confortevole e pratico: icone immancabili di questa teoria sono il bicchiere Smoke di Joe Colombo per Arnolfo di Cambio del 1964 e il calice Paro di Achille Castiglioni del 1983 per Danese.  Smoke è suddiviso in cinque tipologie di calici in cristallo soffiato che riassumono assieme la società del boom economico e attraverso le relative consuetudini di consumo, come quella di voler bere e fumare una sigaretta con la stessa mano, lasciando l’altra mano indipendente. Paro, invece, è un calice in cristallo lavorato su due coni saldati assieme che duplicano la funzionalità del bicchiere.  Oggetti che come altri invitano a sensibilizzarsi con cibi e con vivande, riducendo e accomodando distanza tattile e producendo una maggiore relazione sensoriale. Gli utensili da tavola si fondono così con gli ambienti, sono decorativi e pratici, cercando di sfruttare le sensazioni per divenire parte essenziale di una moderna esperienza gastronomica: toccare, con gusto.

(di Tanio Liotta)