Diplomazia culinaria: Italia quarta per ristoranti tristellati

cibo_marcopolonews-copiaL’Italia è quarta al mondo per ristoranti tristellati e dà una buona mano all’arte della diplomazia culinaria o, come alcuni la chiamano, la gastro-diplomazia. “La concorrenza per conquistare menti e portafogli in tutto il mondo passa sempre di più da piatti e stomaci”, ha dichiarato Andrea Goldstein nella conferenza “Soft Power, Made in Italy e Italian Lifestyle nel mondo. Quale ruolo per la gastronomia?”, organizzata da Nomisma in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, per parlare di gastro-diplomazia, ossia l’insieme di iniziative realizzate per promuovere attraverso la cucina l’immagine di un Paese nel mondo e i suoi interessi, sia economici, sia politici.

La gastro-diplomazia ha una doppia funzione: da una parte accompagnare lo sviluppo di opportunità economiche e commerciali, dall’altra contribuire alla costruzione di un’immagine nazionale e di soft power che influenzi la percezione dell’opinione pubblica estera.

Quando si parla di cucina, e di alta cucina, limitarsi ai confini nazionali è molto riduttivo. Nomisma ha studiato in profondità l’universo dei migliori ristoranti al mondo ed emergono vari spunti interessanti.

Nel panorama dei ristoranti tri-stellati l’Italia si posiziona al 4° posto nel mondo con 8 ristoranti, preceduta da Giappone (26 ristoranti), Francia (25 ristoranti) e Stati Uniti (14 ristoranti). La Francia è un paese che annovera una lunga tradizione di alta cucina: ben 11 ristoranti a tre stelle esistono da oltre 10 anni, in Italia sono soltanto 4. Un primato che permane anche se si considerano i ristoranti tre stelle di cucina francese al di fuori della Francia (19 ristoranti conto i 2 ristoranti a 3 stelle di cucina italiana che si trovano all’estero). La cucina francese è la più gettonata tra i 118 ristoranti tri-stellati del mondo (37,3%), seguita dalla giapponese (21,2%), dalla creativa (18,6%), dall’italiana e dalla spagnola (8,5%) e da quella asiatica (5,9%).

I grandi chef del mondo sono soprattutto francesi (31) e giapponesi (27) e quasi tutti uomini (solo 3 sono donne). Un quarto di essi, rileva NOMISMA, esercita la propria attività al di fuori del Paese di origine e 1 su 9 ha ereditato le 3 stelle.

Nelle grandi città della cosiddetta “Anglosfera”, ossia New York, Los Angeles, Chicago, Londra e Toronto il cibo italiano non teme il confronto con quello francese: secondo la Zagat i migliori ristoranti italiani hanno la stessa nota di qualità dei migliori ristoranti francesi che perdono però il confronto considerando i parametri del décor e del servizio.

Cosa si beve nei migliori ristoranti al mondo? Nei grandi ristoranti dei Paesi che non producono nobili vini si beve soprattutto francese (10 volte il numero di bianchi rispetto ai vini italiani, “solo” 5 volte per i rossi) e il prezzo medio di una bollicina francese è 5 volte quello dei nostri spumanti.

La Francia probabilmente è stato il primo Paese a dotarsi di una strategia di diplomazia culinaria, più di due secoli fa, ma nell’ultimo decennio si sono moltiplicate le iniziative di questo tipo. L’Italia ha adottato di una strategia formale di gastro-diplomazia solo di recente con il Food Act. A fine novembre 2016 si è tenuta la prima “Settimana della Cucina Italiana nel Mondo”, sul modello di iniziative simili che altri paesi che si vantano della propria cucina, non solo per la storia e la tradizione cui è associata, ma anche per la carica innovativa che contiene, realizzano da vari anni.

Alcuni Paesi come Giappone e Corea hanno creato apposite istituzioni per promuovere la diplomazia culinaria, mentre in Francia, Spagna, Tailandia e Perù sono i Ministeri o i loro enti incaricati ad occuparsene direttamente o indirettamente. Chef e ristoranti sono attori fondamentali della competitività gastronomica assieme alle scuole di cucina.

Anche le risorse dedicate alla gastro-diplomazia sono consistenti. Per esempio, l’iniziativa “Enjoy, it’s from Europe” della Commissione Europea ha ricevuto nel 2016 €111 milioni, una cifra che crescerà ogni anno fino ad arrivare a €200 milioni nel 2019.

 

di Dario de Marchi

6 Dicembre 2016