Vino: dopo il Tocai l’Italia rischia di perdere il Terrano

vitigno-terrano-marcopolonewsÈ di nuovo guerra di denominazioni di vini ai confini nord orientali italiani. Dopo che il Friuli in passato ha perso la denominazione del vino Tocai, per far posto al Tokaji ungherese (che nulla aveva a vedere con il vino italiano), costringendo a cambiarlo in Friulano, ora la zona del Carso triestino potrebbe perdere la denominazione del raro vino Terrano ad opera della Slovenia, che in realtà sta muovendo contro la Croazia.

È infatti rimbalzata un po’ dappertutto localmente, tranne che sui media nazionali, la notizia che uno dei vini considerato chicche d’Italia, il Terrano, tipico del Carso triestino, dovrebbe rinunciare alla sua denominazione Doc e Igt, già sancita con tanto di decreti ministeriali pubblicati in Gazzetta Ufficiale, fin dal 1986.

Dietro c’è una lunga storia risalente all’aprile 2013, quando il Ministero dell’Agricoltura della Slovenia fece ritirare tutte le bottiglie di Terrano Made in Croazia dagli scaffali della Repubblica. Sulla paternità del vino Terrano si erano contrapposti, infatti, l’Istria croata e il Carso sloveno perché entrambi rivendicano la paternità del famoso vino rosso, peraltro già protetto in Slovenia dal 2004 col marchio PTP, come Terrano del Carso (Kraški Teran).

La rivendicazione slovena da tanti collocata in funzione anti-Croazia, però può avere effetti che ricadono anche sul Friuli Venezia Giulia, che ha già la sua DOC Friuli Venezia Giulia Terrano. Un alto dirigente ministeriale ha di fatto posto lo stop all’uso della denominazione da parte dei viticoltori del Carso triestino. Citando le norme UE, con una lettera inviata alla Regione ha infatti comunicato che l’Italia, in presenza della Dop Teran “non può legittimamente prevedere che il vitigno Terrano possa essere utilizzato per qualificare taluni vini Dop o Igp” e ha invitato a consultare i produttori del Carso in modo da “attivare, con la dovuta sollecitudine, la procedura intesa ad applicare la modifica ai disciplinari di produzione, in modo da consentire ai produttori di effettuare la scelta più appropriata per sostituire il nome del vitigno Terrano per le relative tipologie di vino”.

Ovviamente la diatriba tra Slovenia e Croazia, ma con riflessi in Italia, ha messo in fermento tutti, dal Ministro Martina ad Enzo Vizzari, direttore delle “Guide di Espresso”, i parlamentari nazionali anche europei, i vertici dei produttori di Terrano carsico, di qua e di là di un confine cancellato sulla carta. Insomma, tutti tentano di ridimensionare l’allarme. Sta di fatto che si sta parlando di un marchio con etichetta “transfontaliera”, in virtù di un vitigno che è proprio di una zona, effettivamente carsica, che parte dall’estremità orientale della provincia di Gorizia e corre lungo il crinale che abbraccia la provincia di Trieste, allargandosi al Carso sloveno con propaggini a quello dell’Istria croata.

L’assessore regionale alle Risorse agricole del Friuli Venezia Giulia, Cristiano Shaurli, ha già incontrato nella sede del Parlamento europeo, a Bruxelles, il presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale, Paolo de Castro, per fare il punto sulla contenzioso in atto con la Slovenia sul Terrano. Incontri si sono già svolti anche tra Trieste e Lubiana e altri si terranno.

Tutta questa mobilitazione oltre a sostenere una questione di diritto internazionale, punta a rivendicare e difendere una consolidata tradizione produttiva vinicola del Carso triestino per un prodotto esclusivo. Il Terrano è infatti un vino di spicco, entrato a far parte dell’élite enologica di qualità. Il Carso Terrano Doc è uno dei pochi vini in Italia che rappresentano l’essenza di vitigni-marcopolonewsun unico vitigno. Proprio dove il Carso triestino si fa più aspro e solitario, nasce il Carso Terrano Doc, l’autoctono rosso di questa terra dai colori contrastanti. Tant’è che gli appassionati che lo conoscono bene usano dire che “Il Carso è Terrano e il Terrano è Carso”. Un paesaggio di candide rocce calcaree a strapiombo sul mare, terra rossa ferrosa; la bora che spazza le vigne disposte in maniera irregolare, quasi nascoste allo sguardo. Questo territorio non può che dare vini unici, di forte carattere, dai profumi intensi, come il Terrano, con un gusto aspro e deciso, ma col passare del tempo sempre più seducente e invitante.

Il Terrano è un vitigno davvero singolare; appartiene alla famiglia dei Refosco e prende il nome dalla terra rossa del Carso. Dal 1986 la “Strada del Vino del Terrano” conduce gli amanti di questo splendido vino da Opicina fino a Visogliano, attraverso una fitta rete di strade e sentieri. Sul Terrano si sta svolgendo negli ultimi anni un costante lavoro di sperimentazione sulla vinificazione e sull’invecchiamento.

Nella sola provincia di Trieste sono coltivati 400 ettari di viti e un terzo dedicato al Terrano, con una produzione media di 60 ettolitri ad ettaro, che danno 600 mila litri di rosso carsico. Una buona parte prende la strada delle osmizze, i tipici antichi baretti dove si assapora il prosciutto e il pane fatti in casa. Solo il 10% del Terrano viene imbottigliato per una vendita preziosa e ricercata. Il tutto dà vita ad un giro d’affari di un milione e mezzo di euro, di cui un terzo frutto della vendita del Terrano imbottigliato, con un prezzo che oscilla tra 7 ai 14 euro per bottiglia.

Nell’economia del territorio, la coltivazione del Terrano è soprattutto marginale, nel senso che i viticoltori si dedicano nel tempo libero. Sono circa 200 le microaziende che producono il rosso del Carso, con 200 persone circa a tempo pieno e altrettante che invece si dedicano per passione. Ma numeri a parte, il Terrano è patrimonio non solo di coltura ma anche di cultura, tradizione e tipicità che ora rischia di essere disperso per una diatriba che riguarda altri Stati. Tocai docet!

di Dario de Marchi

15 Ottobre 2015